Vivere il mio tempo (e starci bene dentro)

Con giornate sempre più piene di impegni e tante piccole cose da fare, abbiamo la sensazione di non avere tempo da dedicare a noi stessi. Ma siamo davvero sicuri di non averne? Possiamo ritagliarci un po’ di tempo per noi? E per farne cosa?

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Sveglia, doccia, colazione al volo, scappa di casa, macchina, traffico, Salaria, Nomentana, GrandeRaccordoAnulare, traffico, semaforo (sempre) rosso, clacson, traffico, niente parcheggio, forsesièliberatounposto.

Ascensore, timbrailcartellino, carte, telefonate, pausapranzaconlavoro, arretrati, vogliadiMaldive, lavoro, lavoro, lavoro.

Esci, traffico, GrandeRaccordoAnulare, Nomentana, Salaria, prendiilfiglioascuola, niente parcheggio, portaloabasket, intantoallaposta (“perchèdiaminenonapronoglialtrisportelli?”), supermercato, fila (“perchédiaminenonapronolealtrecasse?”), riprendiloabasket.

Torna a casa, nonvuolefareicompiti, lavatrice, quandofacciolepulizie?, stiro?, checucino?, cena, sonnecchiasuldivano, preparalacartella+mettiloaletto, mettitialetto. Occhi sbarrati, (dopo un tempo indefinito) sonnocomatoso.

Ripeti.

Correre senza meta

Può variare nei dettagli, ma nella sostanza la sequenza giornaliera della maggior parte di noi è composta da ripetitive azioni come quelle elencate sopra. Le nostre vite, in pratica, tendono sempre più ad assomigliare ad una folle corsa in una ruota da criceti, e spesso abbiamo il sospetto che questi ritmi siano inevitabili.

Alcune cose sono sicuramente inevitabili. Se avete dei figli, è inevitabile che dobbiate prendervi cura di loro e adeguare i vostri tempi ai loro e a quelli della scuola o delle associazioni sportive. Se avete un lavoro, è inevitabile che dobbiate recarvi sul posto di lavoro e dedicare il vostro tempo a determinate attività (in cambio però ricevete un compenso, se siete fortunati). A meno che non viviate in albergo o in una grotta rapida da pulire, è inevitabile che dobbiate affrontare dei compiti domestici. E così via.

Non tutto ciò che fa parte del nostro vivere quotidiano però è inevitabile. Una cosa che sicuramente può essere diversa è il modo in cui ci approcciamo a tutto ciò che non possiamo evitare. Intendiamoci: non sono qui a dirvi che è il caso di mollare tutto e andare e vivere sul cucuzzulo di una montagna (che noia!), ma che è invece possibile mettere da parte tutto quello che è in più rispetto a quanto ci è dato fare.

E non sto parlando solo di delegare ad altri alcuni dei vostri impegni (che è comunque cosa buona e giusta, almeno per voi), ma piuttosto di cominciare a rivalutare il modo in cui solitamente facciamo ciò che facciamo: come se ne andasse della nostra vita e della nostra stessa felicità.

Chi si ferma è perduto

Viene da sé che se ciò che facciamo è questione di vita o di morte, anche il più piccolo degli impegni assume proporzioni gargantuesche. E se riteniamo di non poterci fermare o riposare o essere felici e soddisfatti se non prima di aver concluso tutto o di essere arrivati dove volevamo arrivare, è chiaro che potremmo raramente concederci il lusso di apprezzare noi stessi e il momento in cui dimoriamo.

Siamo sempre sotto pressione, travolti da un enorme mucchio di cose-da-fare e di aspettative sulle cose-da-fare. E, più spesso di quanto ce ne rendiamo conto e proprio a causa di questo pesante carico, finisce che non riusciamo nemmeno a svolgere “come si deve” le tante cose-da-fare. Se siamo sempre agitati, preoccupati, stravolti, stanchi, come possiamo essere davvero efficaci ed efficienti?

Fermarsi? E perché mai? No no, questa cosa è troppo importante! Ma se è troppo importante, non conviene forse fermarsi un attimo, rifiatare e pensare a come farla bene, invece che andare avanti come dei robot?

Se non ci fermiamo, inoltre, corriamo un rischio di cui raramente siamo consapevoli: quello di trascurare completamente i nostri bisogni e i nostri desideri (quelli veri, non “lavacanzaalleMaldive”, che tanto saremmo distratti anche lì), ma anche di non essere presenti agli altri, a chi amiamo e chi ci sta più a cuore. E intanto continuiamo a ripeterci che molto di quello che facciamo lo facciamo solo per noi stessi, o per loro.

Tempo libero(?)

A dirla tutta, abbiamo un gran paura di fermarci. La prova è la tendenza a riempire ogni singolo momento con qualcosa da fare. Apparentemente per la paura di annoiarsi, ma secondo me è la paura del silenzio e di quello che sentiamo nella quiete. Nel vuoto spaventoso dove echeggiano i nostri pensieri.

Perché appena abbassiamo la guardia, ecco che tornano a infestarci tutte le nostre preoccupazioni, le nostre ansie, le nostre paure, i nostri rimuginii su chi siamo, cosa facciamo, dove stiamo andando. No: meglio accendere la tv, giocare a Candy Crush, scorrere pigramente il feed di Facebook, aprire il frigo e ingozzarsi. Tutto, pur di riempire il tempo.

Così, passiamo dalle cose-da-fare alle cose-contro-la-noia, in un’incessante sequela di azioni per riempirci la vita. E poi diciamo di non avere tempo.

E in tutto questo, noi dove siamo? Cosa facciamo davvero per noi? E gli altri? Ci siamo per gli altri (al di fuori di Facebook, intendo)?

“Passiamo” il tempo, ma non lo viviamo.

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Prendersi tempo

Al di là delle cose-da-fare, quelle che consideriamo inevitabili, cosa ci porta a occupare il breve tempo a nostra disposizione di altro fare-fare-fare? Quali impulsi ci spingono a riempire così la nostra vita, che poi ogni tanto percepiamo come “troppo piena”, senza un attimo per rifiatare, e magari ne soffriamo pure? Cosa ci porta a colmare la nostra clessidra, per poi chiederci dov’è andata tutta la sabbia?

Quando siamo tra le cose-da-fare, perché non fermarsi un attimo e vedere cosa stiamo facendo, cosa stiamo provando, cosa stiamo pensando? Chissà, forse così potremmo riuscire ad assumere una prospettiva leggermente diversa, riuscire ad alleggerire il carico che aggiungiamo alle cose-da-fare. Vedere il traffico mentale mentre siamo nel traffico stradale, e scoprire l’effetto che fa. A lavoro dovrai andare lo stesso, il traffico non lo potrai evitare, ma chissà che non scopri qualcosa di diverso.

Quando siamo in procinto di fare le cose-contro-la-noia, perché non fermarsi un attimo e scoprire cosa ci spinge a fare qualcosa? Cosa senti, cosa provi? Dove sei in questo momento, tra i rimorsi e i rancori del passato o tra le ansie e le cose-da-fare del futuro? Quali emozioni si affacciano? Riesci a starci per un po’ a contatto? Cosa ti dicono? Riesci a starci qualche altro secondo in più? Che effetto fa? Cosa succede? Anche così, chissà di non scoprire qualcosa di diverso.

Un minuto

Ammazza quante domande! Te ne faccio un’altra (l’ultima, promesso!): perché non provi?

Ovunque tu sia, qualunque cosa tu stia facendo o senti il bisogno di fare, prova a fermarti, a chiudere gli occhi (non se stai guidando) e sentire cosa sta succendo in quel momento. Anche solo per un minuto, prova a metterti in contatto con quello che sta accadendo. Respira, non fare altro, ciò che devi sentire verrà da sé. E non aver paura di ciò che potrai trovare, al massimo dopo quel minuto non ci sarà più e potrai tornare a immergerti a pieno nel solito tran-tran, se lo vorrai.

Un minuto, e scopri cosa succede. Prendilo come un gioco. Magari, di minuto in minuto, potremmo capire come riuscire a gestire meglio il tempo nella nostra vita. Che in fondo, parafrasando i Litfiba, è solo un gioco di equilibrio. Bisogna solo farci un po’ la mano.

 

Hai provato? Ti sei preso un minuto per te? Troppo difficile o pensi di non sapere bene come fare? Se vuoi posso darti una mano. Tu intanto prova, e se vuoi fammi sapere com’è andata!

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