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Riuscire a comunicare in maniera efficace non è sempre facile, e molte volte le relazioni che instauriamo sono il risultato di queste difficoltà. È possibile però riuscire a comunicare meglio e avere relazioni più soddisfacenti semplicemente imparando a comportarsi in maniera assertiva: come essere pienamente sé stessi quando si è con gli altri.

assertività

Nel bene e nel male, tutti noi siamo profondamente inseriti in un tessuto di relazioni sociali. Che sia il rapporto con il partner, quello con il capo o con il vicino di casa, in ciascuna di queste relazioni ci siamo comunque noi, con le nostre esigenze e i nostri desideri. Che non sempre coincidono con quelli dell’altro. E non sempre è facile riuscire a mediare tra i nostri bisogni e quelli dell’altro.

Ciascuno di noi presenta delle caratteristiche relazionali e comunicative assolutamente uniche che si esprimono all’interno dei rapporti che instauriamo con gli altri. Rapporti che possono essere molto diversi tra di loro, e allo stesso modo noi stessi possiamo sentirci “diversi” in relazioni differenti. Infatti, il modo con cui ci rapportiamo al “supermegadirettore” potrebbe essere completamente diverso rispetto a come siamo con la persona che amiamo. E non è detto che in quest’ultimo caso la relazione sia più facile!

Alcune persone possono avere molte difficoltà nel riuscire ad esprimere i loro sentimenti, i loro bisogni e le loro idee nel rapporto con altri. Non è necessariamente una questione di timidezza o di inibizione, ma piuttosto di comunicazione soddisfacente ed efficace. Un concetto particolarmente utile per migliorare le proprie abilità comunicative e il rapporto con sé stessi e gli altri è quello di assertività.

Assertiviche?

Il termine assertività (reso anche come affermatività) deriva dal latino asserere, che altro non significa che “asserire”. Ma asserire, cioè esprimere, cosa? Assertività significa nient’altro che esprimere le proprie emozioni, i propri sentimenti, le proprie opinioni in maniera efficace e produttiva.

Una descrizione dell’assertività che a me piace molto mette l’accento sul far valere i propri diritti nel rispetto di quelli dell’altro attraverso di una modalità di comunicazione chiara, diretta e coerente.

In generale, l’assertività si compone di diverse abilità comunicative e relazionali, abilità che possono essere imparate ed esercitate e che consentono di comunicare in maniera funzionale e rispettosa. Tra queste troviamo:

  • Espressione dei sentimenti. Cioè comunicare ciò che si prova, nel bene e nel male;
  • Indipendenza. La capacità di esprimere le proprie opinioni e di non conformarsi necessariamente alle pressioni degli altri;
  • Iniziativa. Essere in grado di agire e comunicare in modo da soddisfare i propri bisogni. Quindi riuscire a fare richieste, chiedere favori, ma anche essere in grado di mediare;
  • Difesa dei diritti. Ad esempio, dire di “no” a richieste che ci vengono fatte;
  • Abilità sociale. In generale, essere a proprio agio nel relazionarsi con l’altro, che sia il chiedere informazioni a uno sconosciuto o corteggiare una persona che ci piace.

Il training all’assertività nasce in ambito clinico come soluzione per chi manifesta importanti difficoltà comunicative, ma può essere applicato a chiunque voglia anche solo imparare a comunicare meglio e con maggiore consapevolezza in situazioni in cui potrebbe non riuscire bene a farlo. Magari a causa di concenzioni errate legate alla comunicazione e al rapporto con l’altro o perché, semplicemente, non si è mai imparato a relazionarsi con gli altri in maniera appropriata.

Stili di comunicazione

Nonostante l’ampia variabilità tra le persone, le differenti caratteristiche comunicative e relazionali possono essere comprese all’interno di alcune categorie. Oltre allo stile assertivo, troviamo anche altre due modalità che, idealmente, ne rappresentano gli estremi: la modalità passiva e la modalità aggressiva.

Per iniziare a comprendere le caratteristiche dei tre stili comunicativi, possiamo considerare la capacità di esprimere sé stessi nel rispetto dell’altro. Nella modalità assertiva questa capacità è pienamente presente, mentre chi si caratterizza per uno stile “passivo” tenderà a rinunciare all’espressione di sé e a sottostare al volere dell’altro. La modalità “aggressiva” è invece propria di chi è in grado di esprimere sé stesso ma senza riguardo per l’altro.

È importante chiarire come queste categorie siano più una semplificazione a beneficio dell’esposizione, che rigidi raggruppamenti  nel quale incasellare le persone. Sempre per comodità di spiegazione, tuttavia, passerò a descrivere le caratteristiche di questi stili comunicativi utilizzando alcuni noti personaggi, secondo un’analogia usata da una mia grande docente.

Fantozzi, il passivo

Come per il famoso ragioniere, la persona con un comportamento passivo tende a subire e a sottomettersi agli altri. Non è in grado di esprimere i propri sentimenti e le proprie opinioni, teme il giudizio degli altri, non è in grado di dire di no, ritiene gli altri migliori di sé stessa.

Perché si comporta in questo modo? Essenzialmente, per evitare conflitti o compiacere l’altro. Certo, a breve termine sembra una buona modalità di relazionarsi (bye bye ansia!), ma alla lunga, potete scommetterci, prevarrà il senso di sconforto, di impotenza e di frustrazione. Ci sarà un calo dell’autostima e ricadute negative rispetto all’immagine che si ha di sé. Non è insolito, inoltre, che prima o poi si potrebbe anche “sbottare”, arrivando addirittura a esprimere la propria rabbia in maniera incontrollata.

E chi ha a che fare con un “passivo”? Anche qui, all’inizio può anche starci bene, ma più in là potremmo addirittura sentire un certo astio nei confronti di una persona così accondiscendente, senza considerare che possono addirittura emergere sensi di colpa per la sensazione di essersi “approfittato” dell’altro.

Sgarbi, l’aggressivo

Anche se ultimamente sembra essersi un po’ calmato, il noto critico d’arte è celebre per il suo comportamento iroso e sprezzante. La persona con comportamenti aggressivi, a differenza dello stile Fantozzi, tende a prevaricare sugli altri. Quando interagisce con l’altro, l’unica persona che ha davvero importanza è soltanto sé stessa. Non rispetta i diritti altrui, la colpa non è mai sua, pensa che gli altri siano tutti delle “capre”. Le uniche opinioni giuste e che contano sono solo le proprie.

Chi si comporta in questo modo si sente forte e potente, in grado di tenere la situazione sotto controllo grazie ai suoi modi “decisi”. A lungo termine, però, la persona “aggressiva” paga lo scotto di una tensione costante, e non è insolito che provi anche sensi di colpa o di vergogna nei confronti di chi è stato “vittima” dei propri comportamenti.

L’altro, a primo impatto, potrebbe anche rimandargli un’immagine di individuo che sa cosa vuole e come ottenerlo, che è una bella gratificazione. Ma non passerà molto che tenderà progressivamente ad allontanarsi dal “tiranno”: il rischio, per quest’ultimo, è di ritrovarsi isolato, messo da parte a causa dei suoi modi di comunicare e di relazionarsi con l’altro.

La terza via

Tra la sottomissione e l’aggressione, esiste una modalità decisamente più utile: l’assertività. Comportarsi in maniera assertiva significa, essenzialmente, rispettare i propri diritti così come quelli degli altri, avere rispetto delle opinioni e delle emozioni proprie e altrui e non giudicare gli altri. Perseguire i propri obiettivi ma prendersi anche le proprie responsabilità.

Non è facile essere “assertivi”, soprattutto se veniamo da modalità relazionali estreme, ma i vantaggi di una tale modalità di stare in relazione con l’altro sono innegabili. L’assertività porta come conseguenza naturale un sano aumento dell’autostima e del senso di efficacia personale, una maggiore comprensione dei propri bisogni e necessità e una modalità più efficace di perseguirli, oltre che rispettosa dei diritti altrui. Per non parlare del miglioramento della qualità del rapporto con gli altri, a beneficio di entrambe le parti.

In sostanza, avere uno stile assertivo significa saper essere in grado di affrontare con la giusta serenità e in maniera efficace le situazioni problematiche che possono verificarsi nella relazione con l’altro. Per far questo, occorre però uscire dalle solite modalità interattive che abbiamo appreso nel corso della nostra vita e che, per un motivo o per un altro, semplicemente non ci aiutano a raggiungere i nostri scopi. O che ci tengono incastrati in relazioni, sentimentali e non, che non ci portano altro che sofferenza.

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Essere o non essere assertivi

Per delineare le differenze tra i tre stili interattivi, prima ho utilizzato come parametro la capacità di esprimere sé stessi nel rispetto dell’altro. C’è anche un altro elemento, però, che chiarisce ancora meglio cosa significa comportarsi in maniera “assertiva”: la possibilità di scegliere.

Quanto detto fin a ora rispetto alle modalità passiva e aggressiva lascia intendere che queste modalità siano assolutamente sbagliate e inappropriate. Non è così. In alcune situazioni, anzi, potrebbe addirittura essere meglio ritirarsi da un confronto verbale inconcludente o alzare la voce nei confronti di chi ci sta attaccando. Non esiste una ricetta su come ci si comporta in questa o in quella situazione, e l’assertività non è un dogma per cui ci si può relazionare solo in un determinato modo.

Il fattore fondamentale che distingue un comportamento assertivo da uno non-assertivo, è la capacità di scegliere come agire. Assertività è scegliere, consapevolmente e intenzionalmente, nel rispetto di sé stessi e degli altri, cosa fare e cosa dire. Non-assertività, invece, significa semplicemente re-agire alle situazioni, quindi essere in balìa degli eventi e delle decisioni degli altri.

Assertività significa essere pienamente sé stessi e agire di conseguenza. Se vuoi imparare a farlo, io ci sono.

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